Una mattinata allo sportello della stazione di Roma, punto di riferimento per i senza tetto della Capitale. In due mesi l’utenza è cresciuta in maniera esponenziale: ora arrivano anche operai in attesa di cassa integrazione, giovani senza lavoro, ragazzi che avevano ottenuto l’indipendenza economica e che ora non sanno come fare.

L’odore acre della plastica bruciata invade la strada, dove in un angolo i resti ammassati ricordano che lì c’era un riparo di fortuna, come quelli che sul lato opposto costeggiano le mura del quartiere San Lorenzo. L’ingresso dell’help center della stazione Termini di Roma è proprio qui. Negli ultimi due mesi, dal 3 marzo al 5 maggio, la porta si è aperta quasi 1300 volte: ad entrare per chiedere aiuto non solo persone senza dimora, ma anche operai rimasti senza lavoro, famiglie in cerca di cibo e vestiti, badanti lasciate a casa, giovani, migranti incrociati anni fa e ora tornati per un supporto. Un’utenza più che raddoppiata rispetto al periodo pre coronavirus ( a febbraio gli accessi erano stati 503) e nuova, fatta di persone che fino a poco tempo fa mai avrebbero pensato di varcare quella soglia. “Con la pandemia ci siamo trovati a dover rispondere a nuove richieste e ad incontrare persone che mai si erano rivolte a noi” racconta Emanuele Peduto, mentre insieme al collega Pietro Ielpo, continua ad aggiornare il file con le centinaia di domande arrivate in questi mesi.

“Siamo passati da un’emergenza all’altra – spiega – quando tutto è iniziato eravamo in emergenza freddo e già si registravano numeri alti. Da metà marzo con il sopraggiungere della pandemia di Covid19 l’ingresso nelle strutture è stato bloccato, le persone sono rimaste nella zona della stazione senza potersi spostare, anche perché in molti rischiavano le multe. Quello che abbiamo fatto all’inizio è stato cercare di assistere le persone con le certificazioni, dare kit igienici e mascherine. Abbiamo lentamente cambiato pelle per venire incontro ai nuovi bisogni che incontravamo”. E così davanti allo sportello di porta San Lorenzo sono tornati ragazzi che da anni non si vedevano più, perché avevano finalmente raggiunto un’indipendenza economica. “Un ragazzo afgano, che abbiamo incontrato quando era arrivato in Italia è tornato in questi giorni – racconta Ielpo – dopo il periodo di accoglienza aveva trovato lavoro ed era riuscito ad inserirsi abbastanza bene. Ora ci chiede di nuovo aiuto”.

La lista è lunga: la maggior parte delle persone che si sono rivolte all’help center sono uomini in età da lavoro, tra i 35 e i 50 anni. C’è di tutto: edili che lavoravano in nero e che non hanno diritto a nessuna misura di sostegno, giovani impiegati nella ristorazione e nel turismo che non sanno quando troveranno di nuovo un impiego, operai in attesa della cassa integrazione che stenta ad arrivare. Tra i servizi nuovi c’è quello della spesa sospesa dedicato alle famiglie in difficoltà economica.  “Dal modello di  assistenza per i senza dimora siamo diventati un servizio a 360 gradi, la nostra porta è da sempre aperta a tutti ma oggi facciamo supporto in particolare a chi ha bisogno di trovare un lavoro o chiedere un sussidio. Chi era già in una situazione di precarietà ora non ce la fa più” continua Ielpo. Le nuove povertà, figlie dell’emergenza coronavirus sono in crescita: “qui arrivano sia italiani che stranieri, ci stiamo muovendo per il sostegno, le misure annunciate dal governo ancora non sono attive – aggiunge Peduto -. C’è chi ci chiede del reddito di emergenza, chi della regolarizzazione, noi li orientiamo e li aiutiamo nella domanda. Cerchiamo anche di anticipare quello che accadrà nei prossimi mesi quando la crisi si farà sentire ancora di più”.

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